sabato 24 marzo 2018

Sally di De Andrè


De André è stato sempre solidale a favore del popolo Rom, la diversità è ricchezza, lo scambio di culture ti arricchisce. Diceva che a causa della loro mania per gli spostamenti (la dromomania) meritano il premio Nobel per la pace, perché i Rom non hanno mai fatto guerre. Poi sul fatto che rubano, diceva che è vero e l’avevano fatto pure a casa sua ma una cosa certa è che i Rom non hanno mai rubato per conto di una Banca.

La piccola Sally è una bambina simbolica che ritroviamo anche in via del campo, la piccola dagli occhi color di foglia che poi crescendo diventa una prostituta. La piccola che può essere anche la Nina dell’altalena di cui tutti, da piccoli, ci siamo innamorati. La Sally che con il tamburello in mano cresce come l’erba, e in mezzo all’erba, dove nessuno ti vede, ci fai l’amore, 
 allora dite a mia madre che si sbagliava dai pregiudizi e che non tornerò più a casa. Come il primo Uomo e la prima Donna che per amore di scoprire cose nuove hanno avuto bisogno di disobbedire. Però non sempre le cose che ti prefissi si mantengono ed ecco che poi nel tentare la fortuna ti perdi andando alla ricerca del pesce d'oro ma trovi un pesce cieco.

In “Le acciughe fanno il pallone” Faber parla di un pesce d’oro: “se trovo il pesce d’oro ve la farò vedere”. Si dice che c’è una leggenda, ora non ricordo bene se era una leggenda di qualche villaggio ligure, dei pescatori che quando andavano a pescare, se un ragazzo trovava il pesce d’oro si poteva sposare la fanciulla che amavano sull’altare. Quindi le intenzioni del protagonista della canzone di Sally erano buone all’inizio ma alla fine invece di comprare il pesciolino d’oro compra un pesciolino cieco e quindi ecco che l'avventura continua alla ceca tentando la fortuna che non arriva. E’ svanito l’amore che provava per Sally e durante il suo nuovo viaggio incontra Pilar del mare e dei meli.

Il nostro protagonista è sulla via della perdizione e Pilar  è un'amica drogata come lui. Un’amica che magari lui vorrebbe salvare ma si sa che ai tempi del nostro Faber non sapevi come aiutare una persona che faceva uso di eroina. Alla fine degli 70 e inizi degli anni 80 l’uso di stupefacenti era un reato e allora cosa fare? Vedevi i tuoi amici che soffrivano per l’astinenza ma se andavi dal dottore gli facevi rischiare la galera, e l’unico modo che avevi per aiutarli era l’omertà o andargli a procurare l’eroina che pian piano li uccideva (bocca sporca di mirtilli un coltello in mezzo ai seni)  e ti faceva sentire come un assassino con i sensi di colpa da rimuovere con l'acqua, come la storia ci insegna da Ponzio Pilato ai gironi d’oggi. Pilar del mare era morta di over dose, e il nostro protagonista è stato artefice della sua morte e dopo si pulisce l’anima con l’acqua della vita.

Ma poi a un certo punto della canzone riappare la piccola Sally cresciuta, quella bambina di via del Campo che bruciava copertoni una volta divenuta prostituta o, che forse, era il Re dei topi, perchè gli parlo e baciò sulla bocca e gli donò un braccialetto, un pò come quando gli zingari per convincerti a comprare qualcosa ti donano un'altra cosa.

Infine si intravede  l'illuso di "via del Campo" e della "Città vecchia" che non credeva che il paradiso fosse solo li al primo piano in mezzo alle prostitute.
Il finale della canzone vede l’età adulta del protagonista che ritorna ai suoi ricordi di quando era bambino e rivive la scena con la piccola Sally e il suo tamburello!

Questa è una mia ipotesi di cosa può significare Sally di De Andrè ma non sono nella testa del nostro poeta, inoltre ho notato che, a mio avviso e penso che Fabrizio, aveva letto “Cent’anni di solitudine”  di Gabriel Garcia Marquez dove nel primo capitolo parlava sempre di zingari che venivano  con i loro tamburi  e portavano oggetti strani e la loro cultura da un altro mondo. Uno dei protagonisti di questo libro, si innamora di una certa Pilar Ternera con cui tutte le notti faceva l’amore di nascosto dalla madre e che poi fuggi con gli zingari lontano per poi ritornare nella sua terra natale. Naturalmente è un mio pensiero, nulla di certo, ma voglio pensare così, come se il nostro poeta avesse letto quel libro e ha fatto un mix tra quello che ha letto e i personaggi di via del campo che lui conosceva personalmente.

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venerdì 16 dicembre 2016

Io, tuo


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Tu sei la mia stella cometa. Punto di riferimento fisso.  Sei la prima stella del mattino. Sei vita, amore, passione, felicità. Sei tutto. Per ora tutto ruota intorno a te e spero anche in futuro. Con te, in questo momento riesco a sperimentare cos’è la pienezza. Quella che proviene da un Dio misterioso e che si concretizza con te. Vivere per l’altra persona è la cosa più bella e meravigliosa che possa esistere. Respirare, addormentarsi, sognare, leggere e svegliarsi avendoti sempre nei pensieri. Vivere, essere corrisposto, ricambiato, di quell’amore gratuito non astratto ma concreto, che puoi vedere soltanto con quello sguardo degli occhi quando li tieni chiusi, il cuore. Con te voglio vivere. Con te voglio divertirmi, giocare, viaggiare, ridere, ma soprattutto con te voglio amare ciò che giorno dopo giorno avremo davanti agli occhi, stavolta aperti, con lo stesso calore di quel giorno che ti dissi, “ho tanta paura… paura, amore…paura, amore… Io, Tuo.  

lunedì 5 settembre 2016

PENSIERI LONTANI NEL TEMPO

Seduto sul divano mentre leggi un libro di Isabel Allende, tra le note di Ennio Morricone che ti fa viaggiare avanti ma anche indietro nel tempo, come se il tempo stesso si è fermato o come se non esistesse per niente, come se fosse eterno. Alzi lo sguardo,  vedi la copertina di un DVD di Tornatore, è Baaria. Allora è lì che indietreggi e ti ritrovi tra le strade della tua casa d'infanzia.

Sei già sveglio in prima mattina, fresca, con la sveglia che ti fa il signore della granita, che  tua madre compra per farti fare colazione d'estate e il cinguettio dei cardellini che si fanno i nidi sugli alberi del tuo giardino. Esci di casa,  vai in quella del tuo amico che trovi lì, sempre e puntuale,  si inizia a giocare e a inventare giochi. Andiamo in perlustrazione nelle campagne adiacenti alle nostre case, si, perchè chi abita in periferia ha il pregio di godersi la città da un lato e la campagna dall'altro. Noi preferiamo sempre la campagna. Le strade dove giochiamo ancora non sono asfaltate e quindi siamo sempre sicuri che non passano auto. Ci costruiamo un arco con i rami del carrubo, ce ne sono tantissimi dove abito io. I muri a secco. Le frecce le facciamo con gli steli di spine dai campi. Dalla natura ci ricaviamo tutto. Poi possiamo sempre giocare a pallone, il super tela per cominciare per poi passare al Tango, il campo ce lo facciamo sempre nella strada. Due sassi per fare le porte e le panchine sono i margini del campo. Ma poi a mezzogiorno sento il motore di mio padre, è ora di rientrare per il pranzo. Riposino pomeridiano, e alle 16 di nuovo fuori per nuovi giochi, giochiamo con palla da tennis a colpire i compagni messi schierati in muro e tu sei il plotone d'esecuzione. Il nascondino del tardo pomeriggio è quello che amo di più, essendo veloce aspetto fin quando il mio compagno non viene a cercarmi nella tana dove sono nascosto e lo frego con uno scatto alla Bolt. Ma poi tutto d'un tratto senti una voce che ti chiama, tua madre, è ora di rientrare, è il tramonto, ora di cena, dove, ti ritrovi con le tue sorelle e tuo fratello a mangiare tutti assieme in un tavolo ovale.

Pensieri lontani nel tempo che ti ferma il tempo, quando ancora il progresso non aveva fatto danno e c'erano certi valori: l'amicizia, il rispetto, l'amore.
E tra le note di Ennio Morricone, leggendo un libro di Isabel Allende, alzo lo sguardo, e ho tanta voglia di sentire una voce che mi chiama e dice che è ora di rientrare...


giovedì 13 novembre 2014

AMICO FRAGILE


"Amico fragile è nata così: quando ero ancora con la mia prima moglie, fui invitato una sera a Portobello di Gallura, dove m'ero fatto una casa nel '69, in uno di questi ghetti della costa nord sarda: d'estate arrivavano tutti, romani, milanesi... in questo parco residenziale, e m'invitavano la sera che per me finiva sempre col chiudersi puntualmente con la chitarra in mano. Una sera ho tentato di dire: "Perché piuttosto non parliamo di...". Era il periodo, ricordo, che Paolo VI se n'era venuto fuori con la faccenda - ripresa poi mi pare da quest'altro qui, della stessa pasta - degli esorcismi. Insomma dico: "Parliamo un po' di quello che sta succedendo in Italia..."; nemmeno per sogno, io dovevo suonare. Allora mi sono proprio rotto i coglioni, mi sono ubriacato sconciamente, ho insultato tutti, me ne sono tornato a casa e ho scritto Amico fragile. L'ho scritta da sbronzo, in un'unica notte. Ricordo che erano circa le otto del mattino, mia moglie mi cercava, non mi trovava né a letto né da nessun'altra parte: c'era infatti una specie di buco a casa nostra, che era poi una dispensa priva anche di mobili, dove m'ero rifugiato e mi hanno trovato lì che stavo finendo proprio questa canzone. 
F. De André, in Doriano Fasoli, Fabrizio De André. Passaggi di tempo, p. 60

E poi sorpreso dai vostri "Come sta" 
meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci, 
tipo "Come ti senti amico, amico fragile, 
se vuoi potrò occuparmi un'ora al mese di te" 

"Lo sa che io ho perduto due figli"
"Signora lei è una donna piuttosto distratta"

In questo versetto si vede in modo chiaro come fa riferimento alla falsità degli amici che, quando ti ritrovi con uno scarso stato d'animo e che stai male, fanno finta di preoccuparsi e poi, possibilmente, non vedono l'ora di svincolarsi da te, senza pensare magari alle conseguenze. Molto spesso per questo ci ritroviamo, specie nei giovani, dinnanzi a dei casi di depressione irreversibili che  possono sfociare in suicidi con le seguenti riflessioni  del tipo  ".... ma mentre non sembrava...ecc..ecc..!!!". Faber in questi versetti fa la critica a una società che lui stesso rinnega, specie quando dice "fino a raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci" e in molti concerti cambiava la parola "arrivederci" con "anarchia".

Potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli 
di parlare ancora male e ad alta voce di me. 
Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo 
con una scatola di legno che dicesse perderemo. 
Potevo chiedere come si chiama il vostro cane 
Il mio è un po' di tempo che si chiama Libero. 
Potevo assumere un cannibale al giorno 
per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle. 
Potevo attraversare litri e litri di corallo 
per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci. 


E' palese che in questo pezzo del testo stia provando a dire che anche se in quel momento cascava il mondo, a loro (gli amici),  non gliene fregava nulla. Parla proprio dell'indifferenza e dei problemi di una società in crisi, così come oggi. È la riflessione sulla fragilità dei rapporti umani, ma, nello stesso tempo, sulla necessità di averne e quindi sul senso di vuoto che nasce quando questi vengono meno o restano superficiali. Il risultato è una dichiarazione di amore-odio di un borghese pentito alla propria gente.

"Certe cose non si capiscono perché sono mie personali. Evaporato in una nuvola rossa... è che, a quei tempi, io mi drogavo. La droga dei miei tempi era l'alcol: ho bevuto come una spugna fino a 45 anni."
F. De André, in Alfredo Franchini, Uomini e donne di Fabrizio De André, p. 74





mercoledì 24 luglio 2013

IL PETROLIERE

"Io succhio il tuo frullato con la mia cannuccia". Quanto significato dietro questa frase! Ci vuole giustizia in questo mondo e, quando parlo di questo mondo, parlo del pianeta Terra: barconi pieni di immigrati in cerca di pane, lavoratori che perdono i diritti dentro le fabbriche e insicurezza sul lavoro, umiliazioni di ogni tipo, sfruttamento, egoismo di ogni genere, strafottenza e se vogliamo possiamo aggiungere dell'altro. Più hanno e più vogliono avere e la loro "intelligenza" si trasforma in cattiveria che, aiutati dai governi, usano per rubare le ricchezze altrui legalmente. VEDI IL MEGALOMANE o il TIZIO DI ARCORE, scusate al ripetizione. Quando l'avere sta al di sopra dell'essere si è caduti nella vera falsificazione idolatrica dell'uomo. Quando si perde la vera concezione dell'IO non si è mai soddisfatti di quello che ci passa davanti e vogliamo avere e avere. E' meglio avere che essere.  "E tutto mio...ma quanto costa questo cazzo di pianeta?!  lo voglio io, lo compro adesso, poi compro Dio, sarebbe a dir compro me stesso".
IO SUCCHIO IL TUO FRULLATO CON LA MIA CANNUCCIA


lunedì 20 maggio 2013

Di Luigi Garlando da "Camilla che odiava la politica"


"La mia scuola è una scatola di mattoni rossi, una vecchia scatola che cade a pezzi. Paludate ha i muratori più istruiti del mondo, perchè sono sempre in classe per aggiustare un pezzo di soffitto che cade, una tubatura che gocciola o cose del genere. Qualche anno fa ci hanno promesso una scuola nuova. E in effetti hanno cominciato a costruirla, che l'hanno piantata a metà, senza tetto né finestre..... La bidella mi ha spiegato che a un certo punto non sono arrivati i soldi per i lavori, o forse i soldi sono arrivati, ma qualcuno li ha spesi per fare altre cose. << La politica >>...... Nelle Scuole Nuove un giorno si sistemarono gli zingari con le loro roulotte. Molti protestarono. Ci fu addirittura una fiaccolata con i cartelli per le strade di Paludate...Il papà di Giampi urlava al megafono: 'ripuliamo Paludate'. A me sembra una gran stupidata. Anche le rondini vengono ogni anno da lontano per annunciarci la primavera. Dovremmo forse cacciarle dai nostri tetti solo perchè non ci abitano a Paludate?" 

La POLITICA è IL CAPITO, cioè capire i bisogni delle persone e impegnarsi per soddisfarli. La politica riempie il vuoto che separa chi comanda da chi obbedisce. In una democrazia tutti devono partecipare al governo della città o dello Stato. Noi attraverso le elezioni scegliamo le persone più adatte a difendere le nostre idee, a soddisfare i nostri desideri e a creare le leggi che riteniamo più giuste. Queste persone si occupano di politica per mestiere e si chiamano, appunto, politici. A seconda delle loro idee e delle soluzioni per risolvere i vari problemi, i politici si dividono in gruppi diversi, che si chiamano partiti. Se in un paese c’è un partito solo, non esiste la democrazia, perché non sono rappresentate le idee di tutti. I partiti che ricevono più voti cioè più fiducia dalla gente, hanno il compito di governare, di fare le leggi e di provare a risolvere i problemi a modo loro. Rappresentare le nostre idee è il mestiere dei politici che per ciò ricevono uno stipendio pagato dai cittadini. È giusto, perché i politici si impegnano a far funzionare la città o la nazione, che appartengono a tutti. La parola ministro deriva da MINISTRUM che significa SERVO. Il politico prima di tutto deve essere un servitore a servizio della gente che ha bisogno e che lo ha eletto per risolvere i suoi problemi.
Solo che la parola ministrum è stata capovolta e i politici oggi non sembrano più dei servi, ma dei padroni. Approfittano del potere che hanno per diventare potenti, ricchi e famosi. Un tempo i soldi servivano per fare la politica ma ora è la politica che serve a far fare i soldi ai politici. La politica vera, quella buona, è racchiusa in tre parole: ascoltare, partecipare, servire. IL CAPITO, POLIS, MINISTRUM.

Di Luigi Garlando da "Camilla che odiava la politica"

martedì 13 novembre 2012

HO VISTO NINA VOLARE


Un inno alla vita di tutti i giorni. Mastica e sputa da una parte il miele e da un’altra parte la cera. Come la vita di tutti i giorni che ci riserva la durezza della fatica del lavoro per ottenere le cose belle che ci servono per vivere. Ma per Fabrizio non si tratta di questo, per lui si tratta della durezza della vita da bambino, quando incontra la sua amica del cuore, Nina Manfieri, che giocava sull’altalena. Ho visto Nina volare è proprio il racconto di un bambino, Fabrizio, che s’innamora della sua amica mentre vola sull’altalena. Da quel momento arriva il timore del padre che se lo scopre dovrà cambiar paese. Quand’eravamo piccoli tutti ci siamo innamorati e abbiamo avuto il timore dei genitori che ci scoprivano come se era una cosa proibita, una cosa strana. Infatti quando dice “stanotte è venuta l’ombra che gli fa il verso” gli mostrerà il coltello per difendersi e la sua maschera, come facevamo tutti da piccoli, quando nel lettino, la sera, avevamo paura allora pensavamo come degli eroi che dovevamo uccidere i nostri nemici e ci trasformavamo in viso.  E' quindi l'immagine di un ragazzo che vive la sua battaglia quotidiana, insieme ai suoi segreti, tra cui c'è anche lo stesso amore per Nina. Un ricordo visto da lontano, però, con la mentalità d’adulto. Infatti non è solo Fabrizio a scrivere questa canzone ma anche Ivano Fossati. E’ una canzone scritta a quattro mani ed ha un doppio senso: quello del ricordo di Nina ma anche quello della libertà di tutti. La vita di tutti. Mastica e sputa è una tradizione della città di Matera, oggi purtroppo già estinta, quasi  due secoli. Le donne più anziane dedite all'antico mestiere dell'apicoltura, sembra che usassero masticare fettine di favo, all'uopo preparate, per ore ed ore, ottenendo in tal modo la separazione del miele dalla cera. Queste due preziose sostanze venivano quindi espulse dalla bocca in appositi recipienti, e quindi, pronte per l'uso. Ecco allora il doppio senso che coincide con le fatiche della vita nel realizzarsi con il lavoro. La musica è un via vai, come un dondolare sull’altalena, proprio come faceva Nina. 


sabato 3 novembre 2012

NOVECENTO


E' una panoramica di quella che è la storia che va dai primi anni del 1900 fino al 25 Aprile 1945. Il film inizia con un omaggio a Giuseppe Verdi che era morto da poco fino ad arrivare alla liberazione dell'Italia dal fascismo. Un parallelismo storico di quello che erano la classe del proletariato e la classe borghese, i braccianti e i padroni. I protagonisti del film sono Olmo (Gerard De Pardier) che faceva parte della famiglia dei Dalcò, e Alfredo (Robert De Niro) che faceva parte della famiglia Berlinghieri, i padroni. Olmo è figlio del contadino e Alfredo è il figlio del Padrone. Contadino e padrone, due facce della stessa medaglia, come dire testa o croce.
I due ragazzi nascono lo stesso giorno, sono amici e vanno d'accordo. Fa vedere come vivono i paesani e i padroni. I paesani che mangiano polenta tutti i giorni, INSIEME, nella stessa stanza dove si parla, si ride, si canta, si sta in armonia e si condivide tutto. I padroni, che invece mangiano cibo più sofisticato come le rane che prendeva il piccolo Olmo, sono soli, separati in famiglia, e pensano a come sottrarre il capitale ai parenti, addirittura al fratello.
I primi vivono con la concezione di famiglia umana, dove tutti sono uguali e tutto e di tutti, il cosiddetto bene comune. I secondi  vivono con la concezione di famiglia che c'è tra marito, moglie e figli, la classica famiglia egoista e che del resto non gliene frega nulla. Infatti alla morte di nonno Alfredo, il figlio minore, ruba tutto il capitale al fratello maggiore, inizia a stringere la cinghia dei braccianti e a sottrarre parte del raccolto, che serve ai paesani per sostenersi, fino al punto di arrivare a  prenderne tre quarti. Ai Dalcò non restava altro che emigrare altrove e cercare ventura nel resto del mondo. 
Oggi sono passati 80-90 anni da quando è stato ambientato il film, è vero che dopo la liberazione sono stati conquistati tanti diritti da parte dei proletari, a volte anche con i bagni di sangue da parte dei nostri nonni.
Cosa è successo oggi? dove sono finiti tutti i diritti conquistati con il bagno di sangue dei nostri nonni? 
Siamo tornati proprio all'epoca di quando è stato ambientato il film; ma si può stare così mano nelle mani sapendo che sono morte delle persone per farci conquistare tali diritti?!?
Ora non vi racconto il resto del film perchè ci vorrebbe un post lungo un metro, visto che il film è diviso in due parti, ma volevo semplicemente rinfrescarvi la memoria che siamo tornati indietro di un secolo. I padroni si sono riappropriati dei nostri diritti e sono tornati a fare i padroni.